di Elisa Lucatelli
In nome del Diversity & Inclusion ormai da tempo enti e organizzazioni pubbliche e private stanno promuovendo innumerevoli iniziative. La comunicazione è ovviamente il cuore di questa “rivoluzione gentile” grazie al suo potere generativo: attraverso il linguaggio ognuno di noi ha la possibilità di creare nuove cornici di senso nelle quali altre persone possono identificarsi e riconoscersi, contribuendo così alla determinazione di nuovi significativi collettivi.
Per questo il potere delle parole comporta delle responsabilità in tutti coloro che lo esercitano.
Nel mondo della formazione il linguaggio è da sempre lo strumento principale di trasmissione di nuove conoscenze orientate al consolidamento o allo sviluppo di capacità e competenze. Negli scambi comunicativi che avvengono nei gruppi in formazione distinguiamo:
- le comunicazioni “one to all”, emesse da un membro del gruppo e rivolte indistintamente all’intero gruppo;
- le comunicazioni “one to one”, emesse da un membro del gruppo e rivolte in modo specifico ad una specifica persona.
È ovvio che quando questi scambi avvengono in modalità “live” si ha la possibilità di utilizzare consapevolmente tutti i registri offerti dalla nostra lingua. Sia che ci si rivolga ad una singola persona che ad una collettività operiamo sempre in chiave situazionale, scegliendo di volta in volta la forma comunicativa più opportuna.
Se invece pensiamo alla formazione asincrona, quella in cui non esiste uno scambio comunicativo che vive nel “qui ed ora” ma si basa una trasmissione unidirezionale di messaggi precostituiti e fissati sia nel tempo che nelle modalità espressive, l’assunzione di responsabilità rispetto alla scelta delle parole utilizzate è ancor più doverosa.
Diventa infatti necessario accendere una luce sul reale linguaggio utilizzato nei corsi online asincroni e iniziare ad operare con attenzione affinché sia il più possibile privo di riferimenti non inclusivi.
Rivolgendosi per definizione ad una popolazione molto ampia, nei corsi online ci si basa solitamente su una comunicazione asettica e impersonale. Solo in alcuni momenti, quando ci si rivolge alla persona che sta dall’altra parte dello schermo, si va incontro ad una scelta obbligata di registro.
Un esempio? Il classico saluto di benvenuto nella pagina iniziale del corso.
Se ci facciamo caso, scopriamo che viene quasi sempre declinato al maschile singolare, sia nel testo scritto che nel parlato: “Benvenuto in questo corso…” . Qualche volta possiamo trovare “Benvenuto/a in questo corso….” ma, oltre a non poter essere propriamente definita come inclusiva, la doppia declinazione crea non pochi problemi alla fluidità del linguaggio orale.
Per fortuna la nostra lingua, come anticipato, è meravigliosamente ricca e ci offre infinite possibilità espressive utili per gestire elegantemente anche questa questione. Un esempio facile ispirato dalla lettura di un articolo di Luisa Carrada: invece di utilizzare il maschile neutro, si può riformulare il saluto iniziale del corso in “Ti do il benvenuto nel corso…..”. Allo stesso modo, invece di dire o scrivere “Se sei curioso seleziona il pulsante…” si può semplicemente dire o scrivere “Se vuoi saperne di più seleziona il pulsante…”.
Sappiamo che su questi temi il dibattito, nella comunità scientifica e non solo, oggi è molto vivace: se è vero che scrivendo si possono neutralizzare le declinazioni di genere utilizzando l’asterisco (*), la chiocciola (@), la vocale U o i simboli fonetici ə o з, è indubbio che nel linguaggio orale queste stesse forme causano ancora non poche difficoltà di utilizzo.
Ma la lingua è per definizione dinamica e fluida e quel che è certo è che si evolverà sempre insieme a chi la utilizza.
Mentre il dibattito va avanti credo che anche in tutti noi che progettiamo contenuti per corsi in autoapprendimento debba emergere una maggiore consapevolezza del potere delle parole, così da avere ancora più attenzione e cura nel loro utilizzo. Perché il linguaggio inclusivo, soprattutto nella formazione online di tipo asincrono, è essenzialmente un linguaggio rispettoso delle persone che stanno dall’altra parte del monitor, anche se non le conosceremo mai.