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L’APPRENDIMENTO INFORMALE SUL LUOGO DI LAVORO

Questo breve articolo intende indagare la natura dell’apprendimento informale e le ragioni che lo rendono importante nell’ambito delle attuali linee di sviluppo della formazione. Le domande a cui tenteremo di dare una prima risposta riguardano i modi in cui si verifica l’apprendimento informale, con particolare riguardo all’apprendimento sul luogo di lavoro e come esso possa essere stimolato da una attenta strategia formativa. Di particolare interesse in questo campo è, inoltre, la disamina delle problematiche inerenti il processo di riconoscimento e validazione dell’apprendimento informale, cui accenneremo brevemente rimandando ad un prossimo articolo per un approfondimento.

 

Breve introduzione all’apprendimento permanente
La grande attenzione riservata in questi ultimi anni all’apprendimento informale è figlia del processo di affermazione del concetto di apprendimento permanente, l’idea cioè, ormai diffusa, che l’apprendimento avvenga lungo tutto l’arco della vita e in molteplici luoghi, non soltanto quelli tradizionalmente deputati all’istruzione formale.

Nel 1972 l’UNESCO pubblica il rapporto Faure, nel quale si pone l’accento per la prima volta su un concetto che influenzerà le future politiche educative. Sottolineando l’interesse per lo sviluppo integrale della persona, visto come un orizzonte imprescindibile, per la prima volta si introduce l’idea di una educazione permanente in grado di assicurare la capacità di raccogliere le sfide dell’avvenire.

Un passaggio fondamentale è rappresentato poi dalla pubblicazione del cosiddetto Libro bianco Cresson. In questa pubblicazione, curata dalla allora commissaria delegata per la formazione e la cultura della Commissione Europea, Édith Cresson, si sposta l’attenzione dall’educazione all’apprendimento e si introduce il concetto di lifelong learning, intendendo con ciò che, in una società della conoscenza, l’apprendimento avviene in diversi momenti della vita di un individuo, in luoghi e in modalità di volta in volta differenti.

Da allora, attraverso la Conferenza di Amburgo (1997) e, soprattutto attraverso la Conferenza di Lisbona (2000) si è utilizzato il termine lifelong learning per indicare una strategia complessiva in grado di garantire lo sviluppo integrale della persona, affermandone i diritti nell’ottica di un potenziamento delle politiche per la cittadinanza attiva e la partecipazione democratica in Europa. In Italia, la Legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro e nello specifico l’art. 4, in linea con le direttive della Comunità Europea, sancisce che per “… apprendimento permanente si intende qualsiasi attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale”.

Cosa si intende per apprendimento informale
Per definire l’apprendimento informale è utile dare una definizione univoca di ognuno degli ambiti in cui l’apprendimento si attua.

  • L’apprendimento formale si attua nel sistema di istruzione e formazione, nelle università e nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e si conclude con il conseguimento di un titolo di studio, di una qualifica o diploma professionale o comunque di una certificazione riconosciuta. In pratica, è la formazione istituzionalizzata e continua, che consiste in un processo strutturato e gerarchico segnato da chiari traguardi, piani di studio, verifiche periodiche e certificati scolastici. In questo tipo di apprendimento si stabiliscono degli obiettivi da raggiungere in contesti istituzionalizzati dedicati all’insegnamento, alla formazione e all’apprendimento, nei quali le attività sono condotte da facilitatori che conoscono le materie e che abitualmente insegnano a categorie specifiche di studenti (definite per classi d’età, livello e specializzazione).
  • L’apprendimento non formale è caratterizzato da una scelta intenzionale della persona che si realizza in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi. Questo tipo di apprendimento è gestito al di fuori delle tradizionali istituzioni statali e non richiede il continuo raggiungimento di traguardi nello studio, mentre il controllo dei risultati può svolgersi in diversi modi che vanno dalla semplice autovalutazione da parte degli allievi fino al rilascio di certificati formalizzati. Gli obiettivi dell’apprendimento si stabiliscono in maniera volontaria, i contesti possono essere temporanei e raramente strutturati sulla base di materie curriculari, mentre le attività o i corsi realizzati possono essere condotti da facilitatori professionisti (trainer) oppure da volontari (animatori).
  • L’apprendimento informale è quello che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero. Si attua attraverso processi di autoeducazione, che si svolgono in situazioni di vita immediate (“learning by doing”), al di fuori d’istituzioni statali. Nell’ambito informale si posso acquisire frequentemente soprattutto soft skills. Ciò che viene appreso è generalmente difficilmente documentato, non è certificato e spesso non è visibile per colui che apprende.
tabella di confronto

 

L’apprendimento informale sul luogo di lavoro
In un contesto come quello lavorativo, dove le persone imparano ad eseguire delle attività anche osservando e interagendo con i propri colleghi, è facile comprendere come l’apprendimento informale sia sempre stato presente. Il rinnovato interesse di cui ha goduto negli ultimi anni l’apprendimento informale è dovuto piuttosto allo straordinario cambiamento che si è attuato nei luoghi di lavoro dall’avvento dell’era dell’informazione e di internet. Sempre più spesso l’apprendimento informale è stato valutato come una valida alternativa all’apprendimento non formale e formale.

L’apprendimento sul luogo di lavoro (http://c4lpt.co.uk/)

 

Precedentemente abbiamo definito l’apprendimento informale come quel tipo di apprendimento che si realizza anche a prescindere dall’intenzionalità. Questo però non significa che non siano definiti gli obiettivi di tale apprendimento. Nel 2003 i ricercatori inglesi Colley, Hodkinson e Malcolm (Informality and formality in learning: a report for the Learning and Skills Research Centre), hanno fatto notare che l’apprendimento informale nei luoghi di lavoro è l’apprendimento in cui sono i lavoratori a stabilire gli obiettivi e a determinare da soli quando questi sono stati raggiunti.
Colley, Hodkinson e Malcolm hanno notato che l’apprendimento informale comprende il controllo condiviso su:

  • chi controlla e valuta il processo di apprendimento;
  • la location in cui avviene l’apprendimento;
  • lo scopo dell’apprendimento; se l’apprendimento è un obiettivo primario o secondario rispetto all’attività in cui esso si è verificato;
  • la misura in cui il contenuto è pratico (considerato informale) o concettuale (considerato formale);
  • la consapevolezza che si è verificato l’apprendimento.

Formale vs informale
Uno dei vantaggi dell’apprendimento non formale è la sua efficienza. Con gli obiettivi prescritti, le attività di apprendimento strutturate e i feedback continui, i lavoratori possono essere guidati a padroneggiare più competenze specifiche legate al loro lavoro in un breve periodo di tempo. Ciò che viene meno, però, nell’apprendimento non formale è il contesto.

Secondo l’ultima versione del loro modello di apprendimento informale, Wofford, Ellinger e Watkins (Wofford, M. G., Ellinger, A. D., & Watkins, K. E. Learning on the fly: exploring the informal learning process of aviation instructors, Journal of Work and Learning, 2013) hanno osservato che i lavoratori avvertono la necessità di un apprendimento quando riconoscono che un problema esiste e realizzano che hanno bisogno di saperne di più prima di poter affrontare con successo il problema. Jay Cross scriveva (2009): “… informal learners usually set their own learning objectives. They learn when they feel a need to know. The proof of their learning is their ability to do something they could not do before.

Conclusioni
Nell’affrontare le implicazioni teoriche dell’apprendimento informale, si fa spesso ricorso al cosiddetto modello 70:20:10 attribuito agli studiosi americani del Center for Creative Leadership. Attraverso la pubblicazione dei risultati di un questionario somministrato a 200 dirigenti di azienda, risultava che il 70% dell’apprendimento avviene, secondo i dirigenti coinvolti, attraverso le attività lavorative, il 20% attraverso le interazioni con le persone e solo il restante 10% si realizza attraverso corsi regolari (Lombardo-Eichinger, 1996). In realtà questa teoria non è mai stata provata e anzi, negli ultimi anni, è cresciuto il numero di ricercatori che ne criticano le fondamenta teoriche (Kajewski & Madsen, 2012). Ciò non toglie che l’apprendimento informale sul luogo di lavoro rappresenti senza dubbio una risorsa importante per potenziare lo sviluppo professionale dei lavoratori, ma vanno tenute nella giusta considerazione le difficoltà che esso comporta e gli ostacoli che si frappongono alla sua applicazione.

Ciò che i responsabili della formazione dovrebbero fare è:

  1. stimolare ed incentivare una cultura della condivisione e la creazione di comunità di pratica, anche concedendo il permesso esplicito ad utilizzare le ore di lavoro per apprendere;
  2. favorire l’apprendimento sociale;
  3. garantire le risorse necessarie per l’apprendimento informale (accesso a banche dati aziendali, accesso a contenuti internet di alta qualità in abbonamento).

Per rimuovere gli ostacoli e favorire un ambiente lavorativo adatto, occorre anche sviluppare una corretta politica di valutazione dell’apprendimento informale. A questo proposito lo standard xAPI, trattato brevemente in un nostro precedente articolo sul blog, potrebbe rivelarsi estremamente utile nel catturare e tracciare esperienze informali di apprendimento sociale in rete.

C’è un altro aspetto da tenere in considerazione. Contribuire all’affermazione in azienda di una cultura favorevole all’apprendimento informale, significa anche creare le condizioni affinché emergano, tra i lavoratori, le cosiddette competenze informali. Le competenze sono definite, nelle Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, come la “… comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”.  Risulta chiaro come, nella definizione fornita sopra, si parli di competenze comunque acquisite, formali, non formali e informali. Nei nostri prossimi articoli parleremo dei problemi connessi alla valutazione degli apprendimenti informali (anche mediante applicazioni pratiche di utilizzo dello standard xApi) e ai differenti approcci messi in atto in Italia per il riconoscimento, la validazione e la certificazione delle competenze comunque acquisite.

 


Riferimenti

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