Written by Approfondimenti

A mente accesa

di Elisa Lucatelli

“A mente accesa” è il bellissimo titolo di un libro pubblicato da Mondadori nel 2020 che parla di apprendimento. Il sottotitolo, altrettanto bello, è “Crescere e far crescere”.

L’autrice è Daniela Lucangeli: neuroscienziata, professoressa di Psicologia dello sviluppo all’Università di Padova, membro di associazioni scientifiche nazionali e internazionali come l’International Academy for Research in Learning Disabilities (IARLD). Da anni affianca alle sue attività di insegnamento e ricerca anche una generosa attività di alfabetizzazione e divulgazione scientifica di tematiche legate alle neuroscienze, all’apprendimento, alla psicologia, alla pedagogia. Con la stessa generosità in questo libro svela e condivide oltre ai risultati dei suoi studi anche una parte importante della sua biografia personale. Perché ad un certo punto della sua vita ha deciso di accendere una luce nella sua mente alla ricerca dell’origine della consapevolezza intima, trovandola molto più in profondità di quanto si aspettasse.

Nelle pagine iniziali si descrive come una bambina altamente sensibile che sentiva fin da piccola l’istintivo bisogno di svelare i tanti perché delle cose, fino a voler conoscere le “leggi profonde che governano il mondo”. Quel mondo esterno che spesso si intrecciava troppo intensamente e troppo a lungo con il suo mondo interno, causandole un grande disagio interiore.

Mentre studiava Filosofia all’Università vinse un concorso per insegnanti. La prima volta che venne chiamata da una scuola visse una situazione che fu determinante per tutto il suo percorso di vita personale e professionale: l’incontro con un gruppo di bambini con gravi disabilità cognitive, di cui alcuni in forte stato di isolamento e sofferenza psichica.

Racconta che in quella situazione, per lei totalmente nuova e inaspettata (nessuno le aveva comunicato cosa doveva fare e neanche chi sarebbero stati i suoi alunni), l’emozione dominante fu la paura. E che la sua reazione a quella paura fu la fuga, rapida e immediata, terminata con la convocazione dal provveditore e un’ammonizione.

Davanti a lei si era palesata all’improvviso quella che definisce “una nuova e diversa rampa da salire”: capire come aiutare quei bambini.

Tornata a scuola nei giorni successivi e incontrandoli nuovamente, non avendo ancora conoscenze o strumenti, pensò di utilizzare proprio la sua accesa sensibilità per tentare di stabilire con loro un primo contatto. Si era accorta che non solo riusciva a sentire il loro dolore e la loro rassegnazione, ma anche le loro aspettative e la speranza di essere compresi e aiutati dagli adulti.

Provò ad avvicinandosi pian piano a ciascun bambino cercando di volta in volta le modalità più idonee a delineare uno o più canali di comunicazione con il mondo esterno: dall’espressione verbale o corporea al disegno, dalla visione dei colori alla manipolazione delle forme, dai suoni alla lettura o alla scrittura.

Procedeva ad intuito. E per ogni strategia che applicava, proprio come quando era bambina, la testa si riempiva di domande su come funzionasse realmente il nostro cervello e come si sviluppasse l’apprendimento.

A quelle sue domande solo i successivi anni e anni di studio e di attività ricerca avrebbero dato delle prime risposte. La biologia molecolare e l’epigenetica furono le chiavi di accesso all’esame del connettoma, la totalità di connessioni dinamiche (sinapsi neuronali) che si attivano in ogni istante nel nostro cervello. E da lì la visione di un concetto di intelligenza da intendersi come flusso e non come attributo. Intelligenza come processo personale trasformativo “da dentro a dentro” che seleziona, filtra e riorganizza gli input provenienti dal mondo esterno prima di restituirli come elementi nuovi e unici, perché arricchiti da ciò che siamo.

Questa dimensione profonda e nascosta dell’intelligenza umana, interrelata con altre dimensioni dell’insegnamento (che nella scuola tradizionalmente assume una direzione “da fuori a dentro”) e dell’apprendimento più manifesto (la cui direzione nello stesso ambito è “da dentro a fuori”), diventa il suo campo di esplorazione.

In merito all’intelligenza l’autrice cita la definizione data da una bambina di poco più di 8 anni: “L’intelligenza è quando capisci giusto, cioè senza errori, ma a modo tuo, che come te, nessuno ci capisce”. Nella risposta di Manuela, questo il nome della bambina, io ho percepito tutta la meraviglia e tutta la magia dell’intelligenza umana. E l’indicazione della strada per poterla promuovere e sviluppare: fondendo ciò che conosciamo con ciò che siamo, in un divenire continuo.

 N.d.A.

Voglio ringraziare Daniela Lucangeli, che non conosco personalmente ma che seguo da tempo con interesse, per questo libro e per tutto il suo importante lavoro a favore dei bambini, degli insegnanti e degli educatori: spero di essermi avvicinata sia ai riferimenti scientifici che agli elementi biografici contenuti nel suo libro con la necessaria cura e sensibilità.

Anche questo breve articolo rappresenta in fondo solo uno dei possibili esempi degli apprendimenti che possono generarsi dalla lettura di un libro. Possiamo considerarlo, in pratica, un esercizio di applicazione della teoria dell’apprendimento appena richiamata. I suoi contenuti sono una delle tante descrizioni possibili. Né esatta né esaustiva. Una mia personale rielaborazione e restituzione che mescola – in un intreccio unico – le parole scritte dall’autrice alle mie parole. E genera un punto di contatto nella vita di due donne che non si conoscono ma i cui vissuti personali e i rispettivi sistemi di conoscenze hanno trovato comunque occasione e modo di dialogare.

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